La mente si arresta quando non sa cosa fare.

L’attività può essere praticata, l’inattività no. Se la pratichi, diventa semplicemente un’altra attività: puoi essere inattivo solo all’improvviso. Può accadere mentre si guida: ti accorgi improvvisamente che un’altra automobile si sta avvicinando alla tua e in breve avverrà un incidente. All’improvviso la mente si arresta, smetti di respirare, tutto si ferma: è frequentissimo che in incidenti del genere si venga ributtati al centro. Ma anche in un incidente potresti non cogliere l’occasione.
Una volta feci un incidente in macchina davvero spettacolare. Viaggiavano con me tre persone che, però, si lasciarono sfuggire completamente questa occasione! Avrebbe potuto essere una rivoluzione per la loro vita, ma persero questa opportunità. L’automobile era precipitata da un ponte e si era ribaltata nel letto di un fiume in secca. Era completamente capovolta e le tre persone che erano a bordo con me cominciarono a piangere e a urlare.
La donna che si trovava proprio dietro di me, gridava: “Sono morta! Sono morta!”. Le dissi: “Se fossi morta, non potresti parlare così”. Ma lei stava tremando e urlava: “Sono morta! Cosa accadrà ai miei bambini!”. Anche dopo che la tirammo fuori dalla vettura continuava a tremare e a ripetere: “Cosa accadrà ai miei bambini! Sono morta!”. Le ci volle almeno mezz’ora per calmarsi.
Quella donna perse quell’opportunità. Era una situazione ideale: improvvisamente avrebbe potuto fermare tutto. E nulla poteva essere fatto: con l’automobile che stava precipitando dal ponte, l’attività di quella donna non era affatto necessaria. Non si poteva fare nulla! Tuttavia la mente può sempre dar vita a un’attività. Lei rivolse il suo pensiero ai bambini e cominciò a gridare: “Sono morta!”. Perse un momento delicato, impercettibile.
In situazioni pericolose la mente si arresta automaticamente. Come mai? Perché la mente è un meccanismo che può lavorare solo in situazioni a cui è abituata, ripetendo ciò che è stata addestrata a fare.
Non puoi allenare la tua mente agli incidenti, altrimenti non sarebbero chiamati incidenti. Se tu fossi pronto, se avessi fatto delle prove, non sarebbero incidenti. “Incidente” significa che la mente non sa come reagire, non è pronta ad affrontare ciò che accade. È un evento improvviso, spunta dall’ignoto. La mente non può fare nulla, non è pronta, non è allenata per affrontare ciò che accade. È costretta a fermarsi, a meno che tu non cominci a fare qualcos’altro per cui sia stata allenata.
La donna che urlava, pensando ai suoi bambini, non era affatto attenta a ciò che stava accadendo, anzi non era nemmeno consapevole di essere viva. Il fuoco della sua consapevolezza non era indirizzato al momento presente. Si era allontanata dalla situazione, dalla morte e da qualsiasi altra cosa per fissarsi sui suoi bambini: era fuggita. Per ciò che riguardava la sua attenzione, era completamente fuggita dalla situazione che stava vivendo. In tale situazione, non si poteva fare nulla, si poteva solo essere consapevoli, qualunque cosa stesse avvenendo. Si poteva solo essere consapevoli! Per ciò che riguarda il momento presente, cosa puoi fare in un incidente? È oltre le tue possibilità e la mente non sa cosa fare. E se la mente non può funzionare, si ferma. Ecco perché i pericoli esercitano un’attrazione segreta, intima: sono momenti di meditazione. Se corri in automobile a più di centoquaranta chilometri all’ora, poi superi i centosessanta, fino ad arrivare ai centottanta, c’è un punto in cui tutto può succedere e tu non puoi fare più nulla: la vettura è fuori da ogni controllo e all’improvviso la mente non funziona più, perché non è preparata a ciò che sta accadendo. Questo è il brivido della velocità: un silenzio fa breccia e tu vieni ributtato al centro.

OSHO – International copyright by Osho International Foundation

Stai Continuando a Vivere Nella Stanza della Tua Mente

mare cielo azzurro

…questo è il motivo per cui, in un mondo in perenne cambiamento, la gente diventa sradicata; la vita è preda dell’ansia, dell’angoscia. Non era così nelle epoche passate. L’uomo era più silenzioso, o almeno dava questa impressione perché tutto intorno a lui era fermo, statico, e non sorgevano grandi conflitti nella sua mente. Adesso tutto cambia velocemente, e la mente non riesce a tenere il passo. La mente si afferra al passato e tutto cambia a ogni istante.
Ecco perché esiste tanta ansia in Occidente, in Oriente meno. È strano, visto che l’Oriente deve affrontare problemi più essenziali. Mancano cibo, case, vestiti. La gente muore di fame, ma è meno preoccupata degli occidentali. L’Occidente è ricco, scientificamente sviluppato, tecnologicamente più progredito, perché dunque tanta ansia? Perché la tecnologia imprime alla vita cambiamenti così veloci che la mente non riesce a stare al passo. Prima che ti sia adattato a una cosa nuova, è già diventata vecchia ed è stata sostituita.
Di nuovo una frattura! La vita forza nuove situazioni e la mente prova sempre a reagire con i vecchi condizionamenti. Quella frattura continua a crescere. Più grande sarà, maggiore sarà l’angoscia. La mente è conformista, la vita no.
Queste sono le tre ragioni per cui la mente stessa è la malattia. Dunque, che fare? Se si dovesse curare la mente, esisterebbero metodi facili. Uno è la psicoanalisi. Può durare molto tempo e non aver successo, ma non è difficile. Viceversa, la trascendenza della mente è difficile, ardua, perché devi abbandonare completamente la mente. Devi mettere le ali e andare oltre, lasciando la mente così com’è, senza toccarla.
Ad esempio, questa stanza è calda. Posso fare due cose: azionare l’aria condizionata… in questo caso però devo vivere nella stanza e continuare a intervenire con accorgimenti che la mantengano fresca, ma ogni accorgimento andrebbe controllato, creando nuove ansie e nuovi problemi.
Oppure esiste un’altra possibilità: lasciare la stanza e uscire.
Questa è la differenza. L’Occidente continua a vivere nella stanza della mente, cercando di accomodarla, facendo aggiustamenti, in modo che vivere nella mente diventi almeno normale. Forse non è una vita estatica, ma è sempre meno infelice. Potrebbe non raggiungere una vetta, un culmine di felicità, ma si è salvi dal dolore: la sofferenza diminuisce sempre più.
Freud ha detto che non c’è alcuna possibilità per l’uomo di essere felice. Al massimo, puoi adattare la mente in modo da essere normale, meno infelice degli altri; questo è tutto. Ma questa è autentica disperazione. Eppure Freud è un pensatore autentico e genuino, la sua intuizione per certi aspetti è giusta, poiché non poteva vedere oltre la mente.
Ecco perché in Oriente non si è davvero sviluppata alcuna psicologia paragonabile a quella creata da Freud, Jung o Adler. E questo è strano perché l’Oriente parla della mente da almeno cinquemila anni.
Con cinquemila anni di discorsi sulla mente, la meditazione, l’andare al di là, come mai l’Oriente non è riuscito a creare la psicologia? La psicologia si è sviluppata molto recentemente in Occidente. Perché l’Oriente non è riuscito a fare altrettanto? Abbiamo avuto il Buddha che ha parlato dei livelli più profondi della mente. Ha parlato del conscio, del subconscio, dell’inconscio. Deve aver saputo. Ma perché non ha sviluppato delle psicologie sul conscio, il subconscio e l’inconscio?
La ragione è questa: l’Oriente non si è interessato alla stanza. Parla della stanza solo quanto occorre per trascenderla, per uscirne. Noi ci siamo interessati della stanza solo per trovare la porta, non per altro. Non siamo interessati ai dettagli della stanza, non abbiamo intenzione di viverci. Quindi l’unico interesse è stato sapere dov’è la porta e come uscirne. Abbiamo parlato della stanza solo per individuare la porta, così da sapere come aprirla e uscire. Questo è stato tutto il nostro interesse. Ecco perché la psicologia non ha potuto svilupparsi in India. Se questa stanza non ti interessa, non ne farai una cartina, non misurerai tutti i muri e ogni centimetro di spazio. Queste cose non ti interessano. Ti interessa solo sapere dov’è la porta, dov’è la finestra, in modo da poterne saltare fuori. E quando ne sei fuori ti dimenticherai completamente della stanza, perché a quel punto sei sotto il cielo infinito. Non ricorderai nemmeno che vivevi in una caverna, mentre fuori c’era il cielo sconfinato, dove avresti potuto uscire in ogni momento. Ti dimenticherai completamente della stanza. Se riesci ad andare oltre la mente, cosa accade? La mente resta la stessa. Non operi alcun cambiamento nella mente, ma vai oltre essa e tutto cambia.
A quel punto se ne hai bisogno puoi ritornare nella stanza, ma sarai una persona diversa. Uscire e rientrare ti avrà reso qualitativamente differente. Un uomo che ha vissuto in una stanza e non ha conosciuto cosa ci sia all’esterno non è realmente un uomo: vive come uno scarafaggio, come un insetto. Quando si sposta all’esterno, sotto il cielo sconfinato, il sole, le nuvole e lo spazio infinito, diventa subito diverso. Questo impatto con l’infinito lo rende per la prima volta un uomo, un essere consapevole.
Ora può anche fare ritorno alla stanza, ma sarà cambiato. Adesso la stanza è solo un oggetto da usare, nulla più. Non è più una prigione, è possibile uscirne in ogni momento. Ora è semplicemente qualcosa di utile, di funzionale. Prima vi era imprigionato, ora no. Adesso è un padrone e sa che fuori c’è il cielo: l’infinito lo sta aspettando. E adesso anche questa stanza è parte di quell’infinito, questo suo piccolo, angusto cielo, racchiuso nella stanza, è lo stesso cielo che si trova là fuori.
L’uomo può tornare a vivere nella stanza, a usarla, ma non vi è più imprigionato. Si tratta di un cambiamento a livello qualitativo.
L’Oriente ha un unico interesse: come trascendere la mente, per poi tornare a usarla. Il messaggio è: non essere identificato con la mente. Infatti tutte le tecniche di meditazione mirano solo a trovare la porta, a usare la chiave per aprirla e uscire.

OSHO – “The Book of The Secrets vol. II”
©1975 International copyright by Osho International Foundation

Senza consapevolezza tu non sei

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La consapevolezza ti fornisce una presenza interiore. Senza di essa, hai la sensazione di essere, ma in realtà non sei.
Qualcuno chiese al Buddha: “Voglio servire l’umanità. Dimmi come posso fare”. Il Buddha osservò profondamente e intimamente quell’uomo e con profonda compassione disse: “Ma dove sei tu? chi servirà l’umanità? Tu ancora non sei. Innanzitutto sii, e quando sarai non avrai bisogno di farmi domande simili. Quando sei, farai ciò che semplicemente ti accadrà: quello sarà degno di essere fatto”.
Gurdjieff osservò che tutti si presentavano con l’idea di essere già, di esistere. Qualcuno venne da lui a chiedergli: “Dentro di me sono pazzo. La mia mente è un tumulto continuo, in conflitto e in contraddizione perenne, per cui dimmi cosa posso fare per dissolvere questa mente e avere la pace mentale e la calma interiore”. Gurdjieff rispose: “Non pensare alla mente; con essa non puoi fare nulla. La prima cosa è essere presenti. Innanzitutto tu devi essere. A quel punto puoi fare qualcosa. Ora come ora tu non sei”.
Cosa vuol dire “tu non sei”? Vuol dire che sei un robot, una cosa meccanica che funziona in base a leggi meccaniche. Comincia a essere all’erta. Unisci la consapevolezza a tutto ciò che stai facendo e comincia dalle cose semplici.

OSHO – “The Book of The Secrets vol. II”
©1975 International copyright by Osho International Foundation